SAN GIUSEPPE


Il 19 marzo la Chiesa celebra San Giuseppe. Il popolo tributa grandi onori al Santo con manifestazioni che vanno dai falò alle “tavolate”, dalle processioni falliche a quelle della “Sacra Famiglia”, dalle semplici orazioni ai Rosari e alle Novene, dalla produzione e distribuzione del pane alla preparazione di cibi cerimoniali. Molti devoti danno il nome Giuseppe ai loro figli anche se, talvolta, non sanno di ubbidire ad un atavico rituale. Gesti, riti, fede che non sono frutto di spontanea e semplice fede popolare, ma diretta emanazione di un documento scritto secondo il quale sarebbe stato proprio Gesù, il figlio “prediletto” di Giuseppe, a dare indicazioni su come onorare degnamente la memoria del padre putativo. Giuseppe, un Santo troppo spesso rappresentato nell’ico­nografia cristiana con barba e capelli bianchi e che, secondo il racconto dell’apocrifo Storia di Giuseppe il falegname, visse cen­toundici anni e che non morì il 19 marzo ma il 26 del mese di Epep, giorno della resurrezione di Osiride e capodanno per gli antichi Egizi. Vecchiaia di san Giuseppe che non convince alcuni cristiani. Chi mette in dubbio la sua senilità non è un semplice devoto ma uno degli uomini del cattolicesimo più amato dai fedeli: Papa Giovanni Paolo II. Tra le chicche di questo studio anche il testo integrale di “Dolori e allegrezze di san Giuseppe” tratto dalle Massime Eterne di S. Alfonso de’ Liguori e pratiche divote del cristiano, pubblicato per la prima volta nel 1728, e alcune immagini votive della collezione di Giuseppe Pitrè.
Sara Favarò