U VERBU
Preghiere e canti popolari religiosi


PRESENTAZIONE

di Annamaria Amitrano Savarese
dell'Università di Palermo

Chi ha dimestichezza con il mondo popolare, conosce l'importanza ed il significato che per esso assume la parola. Essa è definizione di principio; il vettore dell'Ordine dal Kaos; l'Atto di potere del dio che disciplina l'uomo; e, pure, e insieme, essa è preghiera, invocazione, richiesta che l'uomo rivolge a Dio, quale segno inequivocabile della sua intrinseca debolezza. Perciò parole come atti fondativi della cultura nel suo divenire; e, nel contempo, parole/suppliche, finalizzate alla richiesta di esserci nella consapevolezza che, senza la protezione, senza la mediazione religiosa, non è possibile superare il male-essere dell'esistere.
E' più è duro, difficile, arcaico, il contatto con il mondo, più forte e profondo è il senso della propria appartenenza al creato, più si sente la necessità di dire la propria partecipazione al flusso della Storia, anche se è storia piccola: di piccoli uomini, di piccoli territori che parlano il linguaggio di pochi.
Orbene, Sara Favarò ha voluto, con questo suo lavoro, fermare il fiume di parole che ha animato ed anima la sua memoria di vicarese. E' qui il dialetto del luogo, parlato dagli antenati, quasi ultimi depositari di veri e propri tesori di tradizione, ed è il dialetto parlato dai familiari, dalle maestre, dalle compagne di un tempo come dagli informatori di oggi, il tutto filtrato, non a caso, dal segno della preghiera che - come si è detto - esprime un universo di forme e di contenuti oikotipici.
E, in più, va detto che sulle pagine della Favarò aleggia il profumo del ricordo personale: un ricordo in penombra, soffuso, commosso, quasi una recherche, per evitare quel vento impetuoso dell'oggi che tutto distrugge e polverizza, nella uniformata notte dell'indifferenza.