CAMPI DI GAZA
Nel tempo delle parole vane, dove il clamore spesso oscura il senso, giunge I Campi di Gaza come opera necessaria, come luogo della parola che non ha paura di ferire il silenzio complice. Sara Favarò non scrive per ornare, scrive per ricordare, per custodire, per incidere. Ogni verso in questa silloge è gesto rituale, è pietra sacra che forma il tempio interiore dell’etica, è fiaccola che non cerca il trionfo, ma la verità che libera. La poesia, qui, diventa cammino iniziatico, in cui il lettore non viene accolto per essere intrattenuto, ma chiamato a vedere il dolore senza veli, a riconoscere la fragilità della pace, a rinunciare all'indifferenza che tradisce la vita. In queste pagine, il sangue non è solo materia: è simbolo della sacralità violata, è grido delle madri, cenere dei bambini, è eco che la storia non può più ignorare. La figura dell’eroe viene smascherata, la religione viene interrogata, la parola si fa tribunale e speranza. Sara Favarò non cerca né vendetta né assoluzione, ma giustizia luminosa, quella che non si impone, ma si sussurra da cuore a cuore.
Questa raccolta è un richiamo per i costruttori, per chi ancora crede che l’Uomo possa ritrovare il senso del sacro, non nel potere, ma nella pace seminata nei gesti, nei silenzi, nella compassione.
A chi leggerà I Campi di Gaza, non si chiede opinione, si chiede presenza cosciente, si chiede cammino condiviso, si chiede memoria attiva, perché dove la parola è vera, nessuna bomba può seppellirla.
Questa silloge è ponte fra le rovine, strumento di luce, preghiera che non appartiene a un culto, ma a ogni essere umano che osa ancora dire: io vedo, io ricordo, io scelgo la luce.
Ing. Francesco Favarò Studioso e Cultore del Pensiero Iniziativo Occidentale